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ESSERE NON APPARIRE

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Un po’ così, cullarsi tra una splendida semplicità e un’essenza di dignità. In ogni occasione sfoggiare un sorriso che illumina il cuore.                                   Il motto sarà: distinguersi sempre, confondersi mai. Trasmettere sensibilità in un mare di indifferenza, sempre coerente con quello che pensa. Un essere speciale agli occhi amorevoli di chi gli sta vicino, trasmettere sempre sentimenti positivi. Non importa se non sempre sarai compresa,  l’importante è imparare a essere e non ad apparire, dare sempre per poter ricevere, meravigliarsi di ciò che ci circonda per poi stupire.  Insomma un contenitore di emozioni, che ti guarda e sorride con la tenerezza e lo sguardo da bambina.

 

 

FITOCOSMESI IERI E OGGI

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L’uso delle piante officinali si può definire un’arte molto antica. Vengono chiamate “officinali” tutte quelle erbe impiegate nelle “officine” degli speziali, ovvero quegli esperti nelle tecniche di lavorazione, nelle procedure di preparazione e di conservazione di quelle piante che poi saranno utilizzate per realizzare rimedi medicamentosi, pomate, unguenti oltre che cosmetici naturali e pregiate essenze profumate. Con la fitoterapia ci prendiamo cura della nostra parte interiore mentre con la fitocosmesi, quella che tratteremo, sfruttiamo le proprietà della natura per la cura e la bellezza del nostro corpo.

La nascita del trucco ha origini antichissime e prende il via sin dal 4000 a.C. nell’antico Egitto. Nella società egiziana era molto sentita l’esigenza di mantenere uno standard ottimale di salute e bellezza, tant’è che venne considerata la patria del culto della bellezza. A quel tempo il trucco aveva per lo più una funzione religiosa e rituale. Infatti, si riteneva che la bellezza fosse gradita agli dei e per questo motivo potesse proteggere dal male. La cura e l’abbellimento del proprio corpo, sia per gli uomini che per le donne, veniva intesa come esaltazione della bellezza. La cosmesi era praticata da esperti conoscitori di materie prime che, venivano scelte, in modo appropriato alla funzione. Ad esempio, dopo il bagno si usavano preparati a base di oli vegetali mischiati a erbe aromatiche per ammorbidire la pelle, come olio di oliva, mandorle, sesamo, lavanda, incenso, mirra, timo e origano. Inoltre, venivano usati, anche, da sacerdoti e sacerdotesse per colorarsi e profumarsi il corpo in specifici rituali, oltre ad essere ingredienti fondamentali nel processo della mummificazione (le erbe fortemente aromatiche, insieme a oli cosmetici, resine, bacche di ginepro e cera di api, che si rassodavano in una massa nero-brunastra quasi vitrea a forte componente liquida, erano in grado di conservare il corpo, oltre che profumarlo). Questi preparati già all’epoca erano molto costosi, pertanto il trucco era segno visibile di una condizione economico-sociale privilegiata.

Anche nella Grecia Classica ci tenevano molto alla bellezza e ai canoni estetici, tanto che esistevano delle multe per le donne che osavano presentarsi in pubblico con un aspetto trascurato. I prodotti per la cura del corpo, anche a quel tempo, giocavano un ruolo fondamentale. L’olio di mastice insieme alle erbe aromatiche si usava, ad esempio, per evitare l’alitosi. I capelli venivano colorati con una soluzione composta da zafferano e acqua di potassio e frizionati con unguenti a base di vegetali per rinforzarli e proteggerli dal sole. Oli essenziali di rosa, gelsomino e nardo erano usati quotidianamente da uomini e donne per ungere corpo e capelli dopo il bagno. Il trucco era semplice e raffinato: incarnato luminoso, labbra in evidenza grazie all’estratto di oricello e ciglia scure. Una speciale attenzione era riservata ai profumi, che venivano opportunamente scelti a seconda della parte del corpo a cui erano destinati: la menta e l’olio di palma erano rispettivamente applicati su braccia e gambe, il timo alle ginocchia e al collo, la maggiorana alle sopracciglia. Molti dei prodotti usati per la cosmesi nel mondo greco erano importati dall’Egitto, considerato ancora sul finire del I millennio a.C. la vera patria del culto della bellezza.

In seguito alla conquista della Grecia, anche le donne aristocratiche dell’antica Roma, acquisirono la pratica di occupare la maggior parte della loro giornata alla cura del corpo. Il massimo tratto di bellezza per una donna romana era poter sfoggiare una pelle luminosa, rosea e priva di imperfezioni. Non a caso, i Romani si possono a tutti gli effetti considerare i veri inventori delle maschere per il viso, da applicare al mattino o prima di andare a dormire. Esistevano maschere diverse a seconda dell’uso: contro le rughe si applicavano impacchi di riso e farina di fave o il latte d’asina; contro le macchie esistevano maschere a base di finocchio, mirra, incenso, petali di rosa, succo d’orzo. Per sbiancare la pelle si usavano anche cera d’api, acqua di rose, olio di mandorle, zafferano, cetriolo, aneto, funghi, papavero, radice di giglio e uovo, fanghi di creta e farina di fave per l’esfoliazione della pelle.

ALCUNE RICETTE

Crema emolliente e dopobagno

– la crema più semplice era ungere la pelle con olio di labdano (resina che trasudava dalla pianta del cisto), o di dattero, di mandorle, sesamo, ricino, oliva, palma, grano.

– massaggiarsi il corpo con olio di cedro del Libano, che rende la pelle elastica, olio di oliva, lavanda, rosmarino.

– olio di sesamo, olio di mandorle, olio d’oliva, olio di palma.

– cera d’api, olio d’oliva, miele e talco profumato alla lavanda.

– olio di oliva, cera vergine, olio di mandorle e profumo di lavanda.

– olio d’olivo o di sesamo e mirra.

Per togliere il trucco

– latte d’asina, menta e miele.

– olio di ricino, timo e menta.

– olio d’oliva, acqua di malva e di melissa.

Bagno

– rosmarino cotto in acqua, il tutto allungato con acqua fredda.

– timo, mirra, origano, lavanda, cannella cotti in acqua.

– latte di capra, piante di palude, lavanda, menta, rosmarino, semi di finocchio macinati e bicarbonato.

– latte d’asina, petali di rose, cannella e sale.

– latte d’asina con rose, gigli, mirto, alloro, rosmarino e basilico.

Sbiancare la pelle

– bulbi di narciso macerati in acqua e limone.

– polvere di alabastro, olio di oliva e bicarbonato.

– gocce di limone, mirra, polvere di alabastro, olio di mandorle.

Antirughe

– cera d’api, incenso, olio di oliva e latte fresco.

– chiara d’uovo, fogli di menta e miele.

– zucca gialla lessata nel latte, foglie di finocchio selvatico, chiara d’uovo

– olio di mandorle, olio d’oliva, grani d’incenso e bacche di ginepro.

Astringente

– papaveri macerati in acqua gelida come astringente sulla pelle..

Per i capelli

– tuorlo d’uovo, aceto e fiori di iris.

– miele, olio d’oliva, vaniglia, cannella, aceto.

Alito cattivo

– masticare rametti di mirto.

– bicarbonato di sodio e foglie di alloro.

– menta e bicarbonato.

– pasticche di mirto, lentisco, finocchio, liquirizia.

– foglie di malobathrum (pianta simile alla cannella) ed anice.

– mirra, menta e cannella.

Depilazione

– olio d’oliva, pece e soda.

– pece greca sciolta in olio con resine e soda.

– noci bollenti sulla pelle (lo usava in particolare Cesare)

CURIOSITÀ: erano famosi i bagni nel latte d’asina di Poppea, utili per rassodare e ammorbidire la pelle.

Nel Medioevo invece troviamo un periodo buio, ci si truccava solo in occasioni speciali. Questo era dovuto al fatto che la Chiesa condannava queste pratiche e le considerava futili, o addirittura pericolose per l’integrità spirituale. Le donne dovevano avere un aspetto naturale con una pelle bianchissima a dare il senso di purezza e candore. L’unica cosa che si concedevano era un velo di rosso sulle gote e sulle labbra, usando polveri di minio (minerale di colore rosso) e zafferano. Per mantenere i denti bianchissimi facevano uso della salvia. I rapporti con le popolazioni germaniche diffusero la moda dei capelli dorati e per schiarirli usavano una mistura di tuorlo d’uovo, zafferano, fiori di ginestra e corteccia di sambuco. Inoltre per aver una pelle diafana, considerata all’epoca simbolo di nobiltà, venivano utilizzate paste simili ai nostri fondotinta, composti da ossidi di mercurio o argento misti a grassi vegetali o animali, oppure la ‘cerussa’ (o biacca di piombo).

Con l’avvento del Rinascimento, non ci fu solo la rinascita delle arti, ma ritornò anche il gusto per il classico e per la bellezza, intesa come perfezione ed armonia, tramite la ricerca di un incarnato perfetto e dell’esaltazione delle forme. Anche qui troviamo altre ricette a base di erbe realizzate allo scopo di esaltare la bellezza:

– per schiarire i capelli, venivano lavati con acqua di cinapro, zolfo e zafferano bollito;

– per ammorbidire la pelle del viso ruvida e arrossata, si faceva una miscela con biacca di piombo e olio di viola.

CURIOSITÀ: a quell’epoca la sporcizia era dilagante sia tra le classi più povere che in quelle più elevate. Si temeva di prendere il colera dall’acqua contaminata per cui veniva sostituita con l’uso/abuso di profumi a base di violetta, lavanda e fiori d’arancio.

Nell’epoca Vittoriana, tra il 1700 e il 1800, vigeva sempre la moda di un volto diafano, un look pallidissimo dalla pelle di porcellana. Forse per evitare di far uso della biacca come belletto bianco, perché ritenuto tossico, venne introdotto un accessorio molto utilizzato dalle dame, un oggettino lezioso e impreziosito da ricami, l’ombrellino parasole, come anche la veletta. Inoltre l’uso eccessivo di trucchi non era visto di buon occhio dalle classi più elevate, era appannaggio esclusivo di attrici e prostitute. Insomma, la perfetta dama vittoriana era naturalmente pallida, dimessa, delicata, e utilizzava il trucco senza esagerare.

Nei primi decenni del ‘900 cominciarono a nascere le prime case cosmetiche e cambiarono completamente i canoni estetici. Non più donne dimesse e dal colorito pallido.

Si comincia a fare uso di fondotinta, ciprie, rossetti, ombretti, tutti prodotti prevalentemente per sintesi di sostanze chimiche. Vengono messi da parte i prodotti naturali che vennero sostituiti da quelli derivati dal petrolio perché più economici, quindi più commerciabili.

Per avere prodotti di formulazione Bio, con sostanze naturali e vegetali bisogna aspettare gli anni ’60, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui è addirittura possibile personalizzare le creme in base alla propria pelle. In pratica prodotti a impatto zero per l’ambiente ma soprattutto che non facciano male alla pelle.

Tra le sostanze più utilizzate nella fitocosmesi di oggi, troviamo:

– germe di grano, olio di ciliegio, olio di soia, olio d’oliva, olio di mandorle, acque distillate aromatiche (acqua di rose, di fiori d’arancio), unguenti a base di burro (unguento per il corpo a base di cacao e carota, burro di karitè per massaggi al viso) e cere vegetali (cera carnauba, cera jojoba), ribes nero, etc…

IL RITO DI SAN GIOVANNI

La notte di San Giovanni, secondo un’antica leggenda, era considerata in grado di portare fortuna e prosperità. Tra i riti propiziatori e purificatori di questa notte considerata “magica” un ruolo di primo piano era svolto dalla celebre acqua di San Giovanni, la cui preparazione iniziava al momento del tramonto del 23 giugno. Per tradizione, le erbe e i fiori dovevano essere raccolti da mani di donna, possibilmente a digiuno e in numero dispari. Solitamente si raccoglievano un numero di 7 qualità diverse di fiori ed erbe aromatiche, come ad esempio artemisia, lavanda, malva, rosmarino, fiori di iperico, menta e salvia, come pure camomilla, papaveri, fiordalisi e, a volte anche rose, ovviamente scelti in base alle fioriture del territorio. L’iperico, invece, non poteva mancare, una pianta a base di un olio essenziale e derivati fenolici, tra cui un pigmento di colorazione rossa chiamato ipericina. Da esso deriva il nome di erba di San Giovanni, in quanto il colore rosso ricorda il sangue versato dal santo quando fu fatto decapitare da Salomé. L’iperico, quindi, è indispensabile nella preparazione dell’acqua di San Giovanni poiché si pensa abbia la capacità di scacciare gli spiriti malvagi.

LA PREPARAZIONE: i rametti e i fiori raccolti venivano immersi in un recipiente con dell’acqua, da porre all’esterno dell’abitazione per tutta la notte in modo da poter assorbire la rugiada del mattino, che, secondo la tradizione, riusciva a dare all’acqua poteri purificatori e curativi proteggendo da malattie, sfortuna ed invidia. La mattina dopo, il giorno di San Giovanni, l’acqua veniva utilizzata per lavare viso e mani, oppure per fare il bagnetto ai neonati o per rigenerare la pelle. Inoltre se fosse avanzata dell’acqua questa non si conservava ma doveva essere regalata.

Questo rituale ha origini molto antiche e si usava prepararla in diverse regioni italiane da nord a sud.

Nel video è possibile visualizzare le piante e le erbe aromatiche più utilizzate:

OMAGGIO A TROISI


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Ciao Massimo,

oggi avresti compiuto 70 anni.

In questi anni senza di te chissà quante meraviglie ci avresti regalato. Non mi perdevo mai una tua partecipazione ad un programma televisivo, mi hai catalizzato dal tuo esordio nella Smorfia. Quel tuo aspetto malinconico riusciva a far esplodere una comicità unica e inimitabile, tanti ci hanno provato ma nessuno è riuscito e credo sarà molto difficile da realizzare un altro MASSIMO. Ancora ricordo quella sera di giugno quando tornata da una passeggiata serale accendevo la TV e si parlava di te. Ma quella volta non c’era un tuo sketch e non c’eri tu che ci deliziavi con la tua simpatia, non ci saresti stato più. Però ci hai lasciato un patrimonio inestimabile, i tuoi splendidi film che custodisco gelosamente. Soltanto l’ultimo, che hai terminato il giorno prima di lasciarci, non sono riuscita a vederlo con serenità, primo perché si intravvedeva la tua sofferenza e secondo perché la tristezza di non poterti più vedere prendeva il sopravvento.

Resterai sempre nei cuori di chi ti ha ammirato, perché sei stato speciale….

LETTERA AL TERZO MILLENNIO

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Caro Terzo Millennio,
ti voglio dedicare giusto due parole…
Eravamo pieni di aspettative per il tuo arrivo, le anticipazioni facevano prevedere chissà quante interessanti novità. Persino con “Spazio 1999” avevamo sognato cose astronomiche.
Invece, che delusione, non ti sei smentito come tutte le cose che vengono acclamate ed esaltate ancora prima che si conclamassero…
Abbiamo iniziato bene con l’angoscia del “millennium bug”…quando tutti i computer al momento del passaggio dal 1999 al 2000, a causa di un supposto errore si sarebbero bloccati e invece…tutto nella norma, il bug è stato solo un bluff…
Poi l’attacco alle Torri Gemelle che ha fatto vacillare il concetto di sicurezza!!
Altro disastro americano è stato l’avvento dei social network che si diceva sarebbero serviti a diminuire le distanze ma alla fine ci hanno allontanato dalle persone più vicine, oltre a ridurci degli zombie con la nascita delle influencer, figura molto discutibile.
Per non parlare dell’aumento delle tante guerre inutili, soprattutto quelle per delirio di onnipotenza, che hanno portato solo distruzione.
Ci hai messo il mondo tra le mani con la nascita di internet e la successiva introduzione degli smartphone, ma purtroppo si è fatto un uso improprio e si è messa in evidenza tutta la mediocrità presente sulla terra…solo in pochi sanno usarli in maniera intelligente…ma si sa che la minoranza non è mai contata molto…
la massa ha sempre seguito la folla…triste convinzione che ci sia la roba migliore.
Con la politica pure hai fatto molti guai, ma non ne parliamo perché ci vorrebbe un capitolo a parte.
Poi per concludere ci hai regalato pure la pandemia…beh! quella è stata la ciliegina sulla torta. Si è perso il ben dell’intelletto, oltre a fare migliaia di vittime nel vero senso della parola, sono venute fuori delle figure sempre più predominanti sui social, come i leoni da tastiera e gli haters che non hanno accettato di buon grado il lockdown, lo hanno vissuto come momento di frustrazione mentre lo si poteva utilizzare come momento di riflessione per poter fare qualcosa di utile. Sicuramente ci saranno stati anche tanti bellissimi momenti, peccato che si ricordano sempre quelli peggiori. Ma sarà vero che non bisogna mai temere i momenti difficili perché da essi si può ricavare il meglio…con la speranza che ci siano sempre più momenti migliori che ci possano dare la spinta a creare buoni propositi per un mondo sempre più vivibile e dove possa regnare la pace.

I GIORNI DELLA MERLA

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Gli ultimi giorni del primo mese dell’anno, ovvero Gennaio, sono denominati i “giorni della Merla”. Non tutti, però, sanno il vero motivo per il quale il 29-30 e 31 gennaio di ogni anno sono chiamati in questo modo. Ecco una delle tante leggende dei giorni della Merla.
La leggenda narra che c’era una volta una merla bianca candida che veniva perseguitata dal mese di Gennaio, freddo e gelido. Ogni volta che la merla decideva di uscire durante i giorni del primo mese dell’anno per poter fare provviste di cibo, Gennaio si divertiva a spargere neve, freddo e piogge su tutto il territorio, impedendo così al volatile di cibarsi.
Un anno, però, la merla decise di farsi delle provviste durante il mese di Dicembre, che le sarebbero bastate anche per tutto il mese di Gennaio, che all’epoca contava solo 28 giorni. Passati i 28 giorni la merla credeva di aver fregato Gennaio, ma in realtà così non era. Gennaio, infatti, incattivito dal doppio gioco della merla, decise di chiedere aiuto a Febbraio, facendosi prestare tre giorni. Quando la merla uscì fuori dal suo habitat, ecco che si scatenò una vera e propria bufera di neve e gelo, che la costrinse a ripararsi per tutto il mese di Febbraio all’interno del comignolo di un camino. Quando la merla potette uscire dal comignolo le sue penne erano ormai tutte nere a causa della fuliggine e da quel momento in poi i merli sono di colore nero.

In seguito a questa leggenda gli ultimi giorni del mese di gennaio vengono considerati i più freddi e gelidi della stagione invernale e secondo alcune credenze, se i giorni della merla sono freddi, la primavera sarà bella; se sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.

Inoltre c’è anche una spiegazione “decisamente bellica”. Infatti, secondo un certo Sebastiano Pauli, tale espressione linguistica deriverebbe da un problema logistico in tempo di guerra: era necessità, verso la fine di gennaio di molti anni fa, di far passare un cannone chiamato la “Merla” al di là da un fiume. Il grande freddo di quei giorni ne fece gelare le acque offrendo così un’occasione per risolvere il problema del trasporto.

Una storiella che ha infinite varianti da posto a posto, ma che ha una cosa in comune a tutti: gli ultimi 3 giorni di gennaio, che,  sebbene, vengano considerati i più freddi dell’anno, i meteorologi si sono affannati a dimostrare che non tutti gli anni è così e che le medie dicono che c’è qualche giorno più freddo. Nonostante tutto la tradizione non si è spenta.

fonte Web