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VENT’ANNI CHE STO QUI

FB_IMG_1706908850479Capitolo I

Era un pomeriggio estivo degli anni ’90 quando arrivai per la prima volta “alla fine del mondo”, non ho mai capito se si dicesse in senso buono o dispregiativo. Comunque secondo me finisce solo la provinciale, poi una stradina porta su verso la montagna…sicuramente sarebbe stato più appropriato “a un passo dal cielo”

Un viaggio interminabile, reso tale forse dalla curiosità, diventò ancora peggio quando cominciarono le curve…per fortuna non ho mai sofferto il mal d’auto. Insomma arrivare fu un’impresa, a parità di tempo sarei arrivata quasi in Sicilia. Fu allora che compresi perché la mia mamma fece rinunciare a mia sorella la supplenza che aveva preso nei suoi primi anni d’insegnamento, qualche decennio prima. Ma sono convinta che c’era dell’altro, lei come me aveva il potere di vedere oltre. La mia giovane età non mi permise di captare altro, nemmeno se ci furono commenti al loro ritorno a casa, la mia mamma all’epoca accompagnava quasi sempre mia sorella, specialmente quando si trattava di raggiungere luoghi molto distanti dal paese.

La prima impressione fu come un “dejà vu” forse vissuto in un sogno, forse in un racconto o forse mi ricordava qualcosa di simile. Per strada non c’era un’anima, non che adesso sia cambiato molto. Mi consolava il fatto che amavo farmi coccolare dalle mura domestiche, abitudine che non mi ha mai abbandonata. Spinta dalla curiosità di sapere cosa ci fosse da vedere affrontai un giro sul corso principale che tagliava quasi a metà la parte superiore da quella inferiore, quasi a denotare un piccolo dislivello. Il primo approccio non fu tanto malvagio, se non fosse stato per quegli sguardi interrogativi delle persone che ti vedevano per la prima volta. Alquanto normale che un viso forestiero attirasse l’attenzione pubblica. Non mi soffermai e passai oltre anche per evitare domande indiscrete. La gente anziana si sa è molto curiosa e vuole sapere tutte le novità.

I miei soggiorni furono fugaci e non molto periodici, forse in cuor mio speravo che si diradassero sempre più. Le aspirazioni erano ben altre, mai e poi mai avrei immaginato che di lì a poco venisse delineato il mio destino. Le mie prime conoscenze si soffermarono al vicinato, devo dire per niente male, tranne un’anziana un pochino troppo invadente e curiosa. In compenso avevo attirato la simpatia di due bimbe molto affabili, si sa i bambini non mentono, peccato che poi crescono e vengono condizionati dagli adulti.

Analizzando la situazione avevo già compreso che non mi sarei mai adeguata a quel modus vivendi e in cuor mio speravo sempre in una soluzione alternativa, che si poteva profilare ma, che cominciò a sfumare qualche anno dopo. Siccome ho sempre amato le sfide, non le competizioni, perché le considero da frustrati quando non sono a livello agonistico, ho accettato il trasferimento definitivo senza condizione. Ho sempre avuto un forte spirito di adattamento per cui non mi è pesato, non avevo previsto che in pochi mesi sarei stata colpita da uno tsunami che avrebbe stravolto completamente la vita, pur rimanendo sempre me stessa.

È vero il detto che i guai arrivano senza bisogno che te li vada a cercare. Per qualcuno poteva essere la cosa più bella al mondo invece per me non lo è stato, anzi avevo già capito che non sarebbe stato facile. Siccome il paese non offriva alcuna attrazione, le campagne elettorali erano un diversivo non solo per incontrarsi, discutere e soprattutto scontrarsi al punto tale da inimicarsi addirittura la propria famiglia. Mai visto in vita mia un coinvolgimento così fortemente sentito.

To be continued…

Va’ dove ti porta il cuore

“Abbiamo vissuto sullo stesso albero ma in stagioni così diverse…”

È il passo più bello di tutto il libro, la nonna che scrive il diario della sua vita alla nipote lontana. Ormai sa di non aver molto tempo e ci sono tante cose che non è riuscita a raccontarle, pensa di non riuscire a vederla più e quindi comincia a scrivere le sue memorie, affinché la nipote sappia tutta la verità.