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Melanzane a “scarpone”

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Le melanzane a scarpone sono un piatto tipico della cucina meridionale si preparano tagliando a metà le melanzane, scavandone la parte centrale e riempendole con ingredienti che possono variare in base ai propri gusti, c’è chi aggiunge l’acciuga, chi mette anche i pomodorini, per chi li gradisce, anche i capperi. È un secondo facile e gustoso, si possono preparare anche in anticipo, difatti si gustano sia calde che fredde. Potete cuocerle sia al forno che fritte in base alle vostre abitudini culinarie. Questa è la mia versione.

INGREDIENTI
  • 2 melanzane
  • 6 fette di pan carré
  • 2/3 fettine di scamorza (va bene qualsiasi formaggio purché sia dolce)
  • formaggio grattugiato
  • olive
  • capperi
PROCEDIMENTO

Tagliare le melanzane a metà, svuotatele della polpa e tagliatela a cubetti, salatela e fatela riposare un paio d’ore. Quando si saranno ammorbidite e si è eliminata l’acqua di vegetazione, che le conferisce il sapore amarognolo, bollire le barchette e friggere la polpa a cubetti.

Nel frattempo sbriciolare il pan carré (oppure se si preferisce la mollica di pane), alla quale si aggiungono tutti i vari ingredienti, prima la polpa fritta, poi il formaggio tagliato a tocchetti e insaporire con il formaggio grattugiato, i capperi e le olive sminuzzate. Se si gradisce si può aggiungere una spolverata di origano.

Una volta scolate le barchette di melanzane riempirle con il ripieno precedentemente descritto, disporre in una teglia o pirofila, unta di olio, e mettere in forno per circa 1 ora.

I tempi di cottura chiaramente variano in base al proprio forno. Per chi preferisce la cottura al microonde, per esempio, bastano solo 15 minuti alla massima potenza.

Sono cotte quando la mollica si è abbrustolita.

Ovviamente si possono friggere anche le barchette, così come si può lessare anche la polpa a cubetti, tutte varianti che si possono fare, in base alle proprie abitudini in cucina.

Fusilli con la mollica

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Questo piatto è considerato una ricetta “povera”, gustosa e molto facile da preparare. La caratteristica principale di questa bontà è la mollica fritta che veniva anche chiamata “il formaggio dei poveri”, poiché sostituiva il costoso formaggio. Ormai viene considerato un piatto molto prelibato che lo si può trovare quasi sempre nei menù, con piccole varianti, di tutte le regioni del sud, ma in particolare della Basilicata. In genere il formato di pasta utilizzato è quella lunga, in particolare i fusilli (o ferrazzuoli).

INGREDIENTI
  • 200 g di pasta (dose per 2 persone)
  • mollica sbriciolata
  • peperoncino in polvere
PROCEDIMENTO

Prendere un quattro cucchiai colmi di mollica sbriciolata e abbrustolitela con due cucchiai di olio in una padella. Quando è quasi pronta aggiungere un cucchiaino raso di peperoncino in polvere, che gli conferirà il colore rosso caratteristico di questo piatto. A parte preparare l’olio facendo saltare un po’ di aglio sminuzzato, per farlo insaporire (se non lo si gradisce si può anche togliere), appena l’aglio comincia a friggere togliere dal fuoco e aggiungere il peperoncino in polvere e versare subito il tutto sulla pasta appena scolata, per evitare che il peperoncino si bruci. Alla fine aggiungere la mollica abbrustolita. Mescolare il tutto affinché si amalgami bene.

In alternativa qualcuno aggiunge anche il sugo di pomodoro. Ma, a mio avviso, si gusta meglio in bianco.

Carnevale: qual è il significato?

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Con il termine “Carnevale” si intende il periodo che intercorre tra il 17 Gennaio ed il 1° giorno di Quaresima, anche se il periodo può variare da regione a regione, infatti da alcune parti ha inizio dopo la Candelora, ovvero il 2 Febbraio. Comunque la conclusione è uguale per tutti e coincide con il martedì grasso, che precede il mercoledì delle ceneri, primo giorno di Quaresima. Ma se per molti il periodo di Carnevale si basa esclusivamente di feste in maschere, divertimenti e sfilate con carri allegorici e cose del genere, per i cattolici praticanti rimane un periodo di preghiera seguito da digiuno e penitenza

L’etimologia del termine “carnevale” risale quindi con ogni probabilità al latino “carnem levare”, espressione con cui nel Medioevo si indicava la prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne a partire dal primo giorno di Quaresima, sino al “giovedì santo” prima della Pasqua, con specifico riferimento al banchetto d’addio alla carne che si teneva l’ultimo giorno di Carnevale, il martedì grasso.

In poche parole il Carnevale è una festa molto divertente soprattutto per i bambini, ma quando si tratta di tradizioni locali da onorare, anche gli adulti non si tirano indietro e sono pronti a mascherarsi e a festeggiare.

Il Carnevale oggi si inserisce nella tradizione cattolica ma le sue origini vanno molto più indietro nel tempo.

Una delle teorie più diffuse è quella che fa coincidere la nascita del Carnevale al tempo degli Antichi Romani. In particolare a Roma, come pure nelle altre province dell’Impero Romano, durante i festeggiamenti dei Saturnali era previsto l’utilizzo di maschere. Infatti queste feste popolari celebrate in onore del dio Saturno prevedevano lauti banchetti a cui prendevano parte tutti, sia nobili che poveri. Vi era un vero e proprio rovesciamento delle classi sociali, favorito anche da maschere che impedivano il riconoscimento delle persone, che quindi si lasciavano andare a qualsiasi genere di sfrenatezza. Secondo queste teorie le origini del Carnevale italiano risalirebbero proprio a questo periodo, e questi riti sarebbero sopravvissuti fino al Medioevo. La Chiesa però pose un forte limite a queste usanze, ed il culmine della festa veniva raggiunto con il rogo di un fantoccio che rappresentava i mali dell’anno appena trascorso.
La storia del Carnevale rivela dunque che il Martedì Grasso avesse un significato ben diverso da quello che gli attribuiamo oggi, che lo associamo ad una festività religiosa.

Pertanto il significato del Carnevale richiamava il ‘mondo alla rovescia’ dove almeno per un breve periodo il valore delle gerarchie sociali veniva abbandonato e ci si lasciava andare allo scherzo. Il Carnevale dal punto di vista storico viene considerato come un periodo di festa e di rinnovamento. Secondo il calendario dell’antica Roma, il periodo che oggi noi dedichiamo al Carnevale poteva coincidere con la fine o con l’inizio dell’anno. Tenete conto che la storia del festeggiamento del Carnevale in Italia è molto antica. Si parla del Quattrocento e del Cinquecento come secoli per cui già si hanno delle testimonianze della festa del Carnevale in alcune città italiane.

Il carnevale è senza dubbio la festa più pazza e variopinta dell’anno, dove tutto è permesso e dove il gioco, lo scherzo e la finzione diventano, per un po’, una regola. Si tratta di una delle ricorrenze più diffuse e popolari del mondo, basti pensare all’immensa notorietà di cui godono eventi come il Carnevale di Rio o quello di Venezia che non mancano di attirare milioni di turisti.

Inutile dire che i festeggiamenti del carnevale, soprattutto in Italia, sono molteplici e affondano le loro radici nei secoli: Viareggio, Cento, Satriano, Acireale, Fano, Putignano, Verona, Striano sono solo alcune delle tradizionali rassegne carnevalesche oggi considerate fra le più importanti del mondo, ognuna con i suoi peculiari ed inimitabili riti.
Il Carnevale di Venezia, di gran lunga il più popolare nel mondo, è quello che possiede le origini più antiche: un documento originale datato 1094 fa menzione di un “pubblico spettacolo” nel periodo pre-quaresimale per le strade della città e la festa venne formalmente istituita dal Doge nel 1296. Dopo 800 anni di storia, il carnevale fu vietato da Napoleone nel 1797 dopo la sua occupazione armata della città perché giudicato “sovversivo” e fu “riportato alla luce” solo nel 1979

Secondo la storia del Carnevale le maschere italiane rappresentano vizi e virtù del popolo, ma anche della classe borghese e nobile. Il significato delle maschere tradizionali varia per ciascun personaggio. Ecco quali sono le maschere italiane più famose che ci sono state tramandate dalla lunga tradizione teatrale e letteraria delle Commedia dell’arte:

  • ARLECCHINO è la celebre maschera lombarda, la cui madre, poverissima, gli cucì il tradizionale costume con scampoli di vari colori. Le sue doti caratteristiche sono l’agilità, la vivacità e la battuta pronta.
  • PULCINELLA è la maschera più antica della tradizione italiana, e la sua nascita coincide con le origini del Carnevale. Questa maschera era già conosciuta ai tempi dei Romani, ma sparì con l’arrivo del Cristianesimo. La maschera di Pulcinella è risorta nel ‘500 con la Commedia dell’arte, e le sue caratteristiche principali sono la sobrietà dei movimenti, e l’arguzia delle battute, sempre secche e mordenti.
  • Anche la maschera di COLOMBINA è molto antica, come testimoniano le commedie di Plauto, dove non manca mai l’ancella furba e maliziosa pronta ad aiutare la sua padrona.
  • GIANDUJA è la maschera piemontese che incarna il galantuomo di spirito buono, cui piace il vino, l’allegria e di cui è proverbiale la distrazione. Questa maschera nasce nel 1700 con la Commedia dell’arte.
  • Tra le maschere di Carnevale veneziane, quella di PANTALONE è famosa: è un uomo avanti con l’età, avaro e diffidente, sempre pronto a giudicare ed incurante degli affari degli altri.
  • Incerte sono le origini della maschera milanese di MENEGHINO: secondo alcuni risalente agli Antichi Romani, come Colombina, secondo altri alla Commedia dell’arte del ‘600. Meneghino rappresenta il servitore rozzo ma di animo buono, pronto ad aiutare chi si trova in difficoltà, come pure a deridere i difetti dei nobili.

Con il Martedì Grasso, si ha la chiusura dei festeggiamenti carnevaleschi e, quindi, la fine della settimana dei sette giorni grassi, chiamati così perché durante le feste si consumavano cibi grassi. Secondo la storia del Carnevale, con l’avvicinarsi della fine del periodo di settuagesima, la Chiesa raccomandava che il giorno dopo il martedì grasso, cioè il Mercoledì delle Ceneri, venisse rispettato il digiuno e l’astinenza previsti per l’inizio della Quaresima. Infatti. In questo ultimo giorno di Carnevale si potevano gustare i tipici dolci e festeggiare prima del lungo periodo di preghiera: per quaranta giorni non era concesso alcun divertimento e bisognava rispettare una lunga astinenza dalle carni con prolungati digiuni

 

Cheesecake alla “siciliana”

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La cheesecake  è un dolce freddo composto da una base su cui poggia un alto strato di crema di formaggi. La base è solitamente costituita da biscotti sbriciolati e poi reimpastati con l’aggiunta di tuorlo d’uovo o burro, oppure da biscotti inumiditi di caffè, sciroppo o liquore, oppure può essere fatta di pan di Spagna o pasta frolla. Per la crema di solito si utilizzano formaggi freschi e molto morbidi come la ricotta, il mascarpone, Philadelphia o altri formaggi da spalmare.

Per renderlo più gradevole spesso si può arricchire con l’aggiunta di frutta fresca, frutta candita, frutta secca o cioccolato, che vanno a decorare la parte superiore della torta. La mia variante “siciliana” è la seguente:

INGREDIENTI

  • 300 g di biscotti secchi
  • 400 g di ricotta
  • 50 burro
  • 300 g di zucchero
  • noci

PROCEDIMENTO

Sciogliere il burro e farlo intiepidire, nel frattempo ponete i biscotti nel mixer e frullateli fino a ridurli in polvere. Poi passateli in una ciotola e mescolateli con il burro fino ad uniformare il composto. Una volta amalgamato il tutto disponete in uno stampo e con l’aiuto del dorso di un cucchiaio cercate di compattare in modo da formare una base piuttosto uniforme. Riporre in frigo per almeno 1/2 ora per far rassodare.

Preparare, nel frattempo, la crema aggiungendo lo zucchero alla ricotta. Molto meglio se si prepara il giorno prima, per far sì che lo zucchero si sciolga meglio.

Una volta pronta la crema ricoprire la cialda di biscotti e livellare. Sminuzzare le noci grossolanamente e ricoprire il dolce con la granella ottenuta. Mettere in frigo.

Per gustarla meglio si consiglia di prepararla il giorno prima.

P.S.: come biscotti si consigliano i Rigoli (ottimo abbinamento con la ricotta) ma vanno bene qualsiasi biscotti secchi.

 

Come conservare i documenti

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Conservare alcuni documenti è sempre importante per svariati motivi. Ad esempio, le ricevute di pagamento sono importanti perché sono la prova dell’avvenuto saldo nel momento in cui qualcuno può avvalersi del mancato introito. Per quello che riguarda, invece, la documentazione fiscale è necessaria qualora venga fatto un accertamento sulle nostre tasse. Poi ci sono gli scontrini dei prodotti acquistati, che vanno conservati fino allo scadere della garanzia, per poterne usufruire in caso di necessità. Inoltre poi ci sono le ricevute delle visite mediche che vanno conservate per poter scaricare le relative spese dalla dichiarazione dei redditi per poi venire allegate ad essa.

La maggior parte di tale documentazione, però, non va conservata per sempre. Tale periodo corrisponde ai termini di prescrizione, ovvero il tempo entro cui una carta può essere richiesta dall’istituzione di riferimento o impugnata in caso di contestazione in presenza di eventuali errori.

Le durate non sono tutte uguali, ma variano a seconda del documento. Per cui è possibile evitare di accumulare indefinitamente tutte le eventuali ricevute e, quindi, periodicamente è anche possibile fare un po’ di pulizia nel nostro archivio, una volta sopravvenuto il termine di scadenza, evitando cosi un accumulo di carte che, oltre allo spreco di spazio, potrebbe causarne il caos.

Analizziamo la durata di archiviazione della documentazione classica che conserviamo giornalmente (in ogni caso si consiglia di prolungare la durata un po’ più a lungo del dovuto):

1 anno

  • Assicurazioni (ricevute di pagamento premi)

2 anni

  • Scontrini di prodotti acquistati (per tutta la durata della garanzia)

3 anni

  • Parcelle dei professionisti
  • Bollo auto

5 anni

  • Bollette di acqua, luce, gas e telefono
  • Bollettini ed F24 relativi ad ICI, Imu e Tasi (a partire dall’anno dopo il pagamento)
  • Tassa relativa ai rifiuti urbani (a partire dall’anno dopo il pagamento)
  • Spese relative al condominio
  • Ricevute di affitto
  • Quietanza di pagamento delle rate del mutuo
  • Dichiarazione dei redditi (a partire dall’anno dopo il pagamento, qualora preveda detrazioni per ristrutturazioni edilizie o riqualificazione energetica va conservata per 15 anni)
  • Ricevute delle spese detraibili
  • Multe stradali

10 anni

  • Estratto conto bancario
  • Estratto conto della carta di credito
  • Contratti bancari
  • Estratto conto del conto titoli

Per sempre

  • Atti notarili
  • Atti di compravendita
  • Atti di matrimonio, separazione, divorzio
  • Contributi previdenziali INPS
  • Referti medici

Oltre ad organizzare il nostro archivio in cartelle suddivise in maniera ordinata, in base al tipo di utenze, possiamo effettuare il salvataggio in maniera digitale. È previsto già per alcune utenze l’invio su e-mail personale al posto dell’invio cartaceo, con un risparmio notevole sia sulla carta che sulle spese postali. Di conseguenza si può prevedere di archiviare tali ricevute in cartelle su PC, oppure, per evitare che vadano persi in caso di rottura dell’apparato informatico, si può ricorrere ai servizi cloud, ovvero spazi virtuali in internet su cui è possibile salvare ed archiviare il proprio materiale. Quelli più utilizzati sono Dropbox e Google Drive.

In ogni caso, sia se si preveda un archivio cartaceo  sia che fosse utilizzato un archivio digitale, un consiglio è quello di suddividere una cartella per ogni utenza in modo tale da avere tutto in ordine nel momento in cui dobbiamo reperire la nostra ricevuta. Per aver un archivio davvero utile e funzionale bisogna seguire una regola fondamentale: l’ordine.

BUON LAVORO!

fonte Web

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