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Cheesecake alla “siciliana”

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La cheesecake  è un dolce freddo composto da una base su cui poggia un alto strato di crema di formaggi. La base è solitamente costituita da biscotti sbriciolati e poi reimpastati con l’aggiunta di tuorlo d’uovo o burro, oppure da biscotti inumiditi di caffè, sciroppo o liquore, oppure può essere fatta di pan di Spagna o pasta frolla. Per la crema di solito si utilizzano formaggi freschi e molto morbidi come la ricotta, il mascarpone, Philadelphia o altri formaggi da spalmare.

Per renderlo più gradevole spesso si può arricchire con l’aggiunta di frutta fresca, frutta candita, frutta secca o cioccolato, che vanno a decorare la parte superiore della torta. La mia variante “siciliana” è la seguente:

INGREDIENTI

  • 300 g di biscotti secchi
  • 400 g di ricotta
  • 50 burro
  • 300 g di zucchero
  • noci

PROCEDIMENTO

Sciogliere il burro e farlo intiepidire, nel frattempo ponete i biscotti nel mixer e frullateli fino a ridurli in polvere. Poi passateli in una ciotola e mescolateli con il burro fino ad uniformare il composto. Una volta amalgamato il tutto disponete in uno stampo e con l’aiuto del dorso di un cucchiaio cercate di compattare in modo da formare una base piuttosto uniforme. Riporre in frigo per almeno 1/2 ora per far rassodare.

Preparare, nel frattempo, la crema aggiungendo lo zucchero alla ricotta. Molto meglio se si prepara il giorno prima, per far sì che lo zucchero si sciolga meglio.

Una volta pronta la crema ricoprire la cialda di biscotti e livellare. Sminuzzare le noci grossolanamente e ricoprire il dolce con la granella ottenuta. Mettere in frigo.

Per gustarla meglio si consiglia di prepararla il giorno prima.

P.S.: come biscotti si consigliano i Rigoli (ottimo abbinamento con la ricotta) ma vanno bene qualsiasi biscotti secchi.

 

Come conservare i documenti

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Conservare alcuni documenti è sempre importante per svariati motivi. Ad esempio, le ricevute di pagamento sono importanti perché sono la prova dell’avvenuto saldo nel momento in cui qualcuno può avvalersi del mancato introito. Per quello che riguarda, invece, la documentazione fiscale è necessaria qualora venga fatto un accertamento sulle nostre tasse. Poi ci sono gli scontrini dei prodotti acquistati, che vanno conservati fino allo scadere della garanzia, per poterne usufruire in caso di necessità. Inoltre poi ci sono le ricevute delle visite mediche che vanno conservate per poter scaricare le relative spese dalla dichiarazione dei redditi per poi venire allegate ad essa.

La maggior parte di tale documentazione, però, non va conservata per sempre. Tale periodo corrisponde ai termini di prescrizione, ovvero il tempo entro cui una carta può essere richiesta dall’istituzione di riferimento o impugnata in caso di contestazione in presenza di eventuali errori.

Le durate non sono tutte uguali, ma variano a seconda del documento. Per cui è possibile evitare di accumulare indefinitamente tutte le eventuali ricevute e, quindi, periodicamente è anche possibile fare un po’ di pulizia nel nostro archivio, una volta sopravvenuto il termine di scadenza, evitando cosi un accumulo di carte che, oltre allo spreco di spazio, potrebbe causarne il caos.

Analizziamo la durata di archiviazione della documentazione classica che conserviamo giornalmente (in ogni caso si consiglia di prolungare la durata un po’ più a lungo del dovuto):

1 anno

  • Assicurazioni (ricevute di pagamento premi)

2 anni

  • Scontrini di prodotti acquistati (per tutta la durata della garanzia)

3 anni

  • Parcelle dei professionisti
  • Bollo auto

5 anni

  • Bollette di acqua, luce, gas e telefono
  • Bollettini ed F24 relativi ad ICI, Imu e Tasi (a partire dall’anno dopo il pagamento)
  • Tassa relativa ai rifiuti urbani (a partire dall’anno dopo il pagamento)
  • Spese relative al condominio
  • Ricevute di affitto
  • Quietanza di pagamento delle rate del mutuo
  • Dichiarazione dei redditi (a partire dall’anno dopo il pagamento, qualora preveda detrazioni per ristrutturazioni edilizie o riqualificazione energetica va conservata per 15 anni)
  • Ricevute delle spese detraibili
  • Multe stradali

10 anni

  • Estratto conto bancario
  • Estratto conto della carta di credito
  • Contratti bancari
  • Estratto conto del conto titoli

Per sempre

  • Atti notarili
  • Atti di compravendita
  • Atti di matrimonio, separazione, divorzio
  • Contributi previdenziali INPS
  • Referti medici

Oltre ad organizzare il nostro archivio in cartelle suddivise in maniera ordinata, in base al tipo di utenze, possiamo effettuare il salvataggio in maniera digitale. È previsto già per alcune utenze l’invio su e-mail personale al posto dell’invio cartaceo, con un risparmio notevole sia sulla carta che sulle spese postali. Di conseguenza si può prevedere di archiviare tali ricevute in cartelle su PC, oppure, per evitare che vadano persi in caso di rottura dell’apparato informatico, si può ricorrere ai servizi cloud, ovvero spazi virtuali in internet su cui è possibile salvare ed archiviare il proprio materiale. Quelli più utilizzati sono Dropbox e Google Drive.

In ogni caso, sia se si preveda un archivio cartaceo  sia che fosse utilizzato un archivio digitale, un consiglio è quello di suddividere una cartella per ogni utenza in modo tale da avere tutto in ordine nel momento in cui dobbiamo reperire la nostra ricevuta. Per aver un archivio davvero utile e funzionale bisogna seguire una regola fondamentale: l’ordine.

BUON LAVORO!

fonte Web

I GIORNI DELLA MERLA

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Gli ultimi giorni del primo mese dell’anno, ovvero Gennaio, sono denominati i “giorni della Merla”. Non tutti, però, sanno il vero motivo per il quale il 29-30 e 31 gennaio di ogni anno sono chiamati in questo modo. Ecco una delle tante leggende dei giorni della Merla.
La leggenda narra che c’era una volta una merla bianca candida che veniva perseguitata dal mese di Gennaio, freddo e gelido. Ogni volta che la merla decideva di uscire durante i giorni del primo mese dell’anno per poter fare provviste di cibo, Gennaio si divertiva a spargere neve, freddo e piogge su tutto il territorio, impedendo così al volatile di cibarsi.
Un anno, però, la merla decise di farsi delle provviste durante il mese di Dicembre, che le sarebbero bastate anche per tutto il mese di Gennaio, che all’epoca contava solo 28 giorni. Passati i 28 giorni la merla credeva di aver fregato Gennaio, ma in realtà così non era. Gennaio, infatti, incattivito dal doppio gioco della merla, decise di chiedere aiuto a Febbraio, facendosi prestare tre giorni. Quando la merla uscì fuori dal suo habitat, ecco che si scatenò una vera e propria bufera di neve e gelo, che la costrinse a ripararsi per tutto il mese di Febbraio all’interno del comignolo di un camino. Quando la merla potette uscire dal comignolo le sue penne erano ormai tutte nere a causa della fuliggine e da quel momento in poi i merli sono di colore nero.

In seguito a questa leggenda gli ultimi giorni del mese di gennaio vengono considerati i più freddi e gelidi della stagione invernale e secondo alcune credenze, se i giorni della merla sono freddi, la primavera sarà bella; se sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.

Inoltre c’è anche una spiegazione “decisamente bellica”. Infatti, secondo un certo Sebastiano Pauli, tale espressione linguistica deriverebbe da un problema logistico in tempo di guerra: era necessità, verso la fine di gennaio di molti anni fa, di far passare un cannone chiamato la “Merla” al di là da un fiume. Il grande freddo di quei giorni ne fece gelare le acque offrendo così un’occasione per risolvere il problema del trasporto.

Una storiella che ha infinite varianti da posto a posto, ma che ha una cosa in comune a tutti: gli ultimi 3 giorni di gennaio, che,  sebbene, vengano considerati i più freddi dell’anno, i meteorologi si sono affannati a dimostrare che non tutti gli anni è così e che le medie dicono che c’è qualche giorno più freddo. Nonostante tutto la tradizione non si è spenta.

fonte Web

Cos’è la cultura?

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La cultura, nel linguaggio di senso comune, è l’insieme di nozioni che l’uomo acquisisce attraverso lo studio o attraverso l’esperienza. In poche parole, la cultura è associata all’erudizione: “è colto colui che sa”

Però, è anche vero, che il concetto di cultura ha subito delle modificazioni nel tempo. Oggi non viene, semplicemente, considerato colto colui che sa, ma colui che riesce a interpretare in modo profondo e originale tutto quello che ha a disposizione. Quindi è grazie a questa personale “manipolazione” che, ognuno di noi, si costruisce una propria personalità intellettuale, morale ed estetica.

In realtà, secondo l’antropologia culturale, ha un significato che va ben oltre il senso comune ed il possesso individuale di un’erudizione più o meno rielaborata. Il concetto di cultura risulta essere, indubbiamente, quello più discusso e controverso nella storia del pensiero antropologico. Ne sono state elaborate innumerevoli definizioni, ma la prima definizione in senso antropologico del concetto è stata delineata nel 1871 dall’antropologo evoluzionista Edward Burnett Tylor che così definisce : “La cultura o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità o abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società”. La definizione di Tylor è il punto di riferimento classico dell’antropologia culturale. Punto di riferimento cronologico, perché il 1871 è la data di nascita della disciplina; punto di riferimento logico, perché quella definizione si offre a precisazioni, riformulazioni, ampliamenti o restringimenti. L’espressione “insieme complesso” sottolinea uno degli aspetti più importanti della definizione tyloriana: il mescolare. Il costume è messo insieme alla conoscenza, all’arte, alla morale ecc. e il “qualsiasi altra capacità…” spiega qual è l’elemento che le parti della cultura hanno in comune e giustifica il mescolamento: come il costume, la conoscenza, il diritto ecc. che non vengono trasmessi geneticamente ma acquisiti socialmente. La definizione supera la separazione in classi, ceti o strati sociali; la cultura non emerge da alcuni ambiti esclusivi di attività intellettuale, propri di alcuni ceti sociali, e neppure, ampliando il concetto, è appannaggio esclusivo di alcune società, in opposizione a quelle che, proprio perché ritenute prive di cultura, venivano relegate all’ambito della natura, erano cioè società selvagge. Essa, “intesa nel suo ampio senso etnografico” accomuna tutte le società umane (così come tutti i livelli interni a una società). Questa accezione apre la via alla riflessione antropologica: perché sancisce che la cultura è una caratteristica dell’uomo sociale in quanto tale, quale che sia il luogo in cui si trova e il modo in cui si è organizzato. La cultura è qui, da noi, come in qualsiasi altro luogo, presso gli altri. Da ciò deriva l’importanza del viaggio etnografico, del viaggio verso forme diverse di cultura.

La concezione pragmatica, invece, presenta la cultura come formazione individuale, volta all’esercizio di acquisizione di conoscenze “pratiche”. In tale accezione essa assume una valenza quantitativa, per la quale una persona può essere più o meno colta.

La concezione metafisica, al contrario, presenta la cultura come un processo di sedimentazione dell’insieme patrimoniale delle esperienze condivise da ciascuno dei membri, delle relative società di appartenenza, dei codici comportamentali condivisi, del senso etico del fine collettivo, e di una visione identitaria storicamente determinata, come espressione ecosistemica di una tra le multiformi varietà di gruppi umani e civiltà nel mondo. Concerne sia l’individuo, che i grandi gruppi umani, di cui egli è parte. In questo senso il concetto è ovviamente declinabile al singolare, riconoscendosi ciascun individuo quale membro “di diritto”, del gruppo etno-culturale di appartenenza etno-identitaria, nonché nel “patto di adesione sociale” e nelle sue regole etiche ed istituzionali volte al fine della “autoconservazione” del gruppo etnico stesso.

La concezione di senso comune è, inoltre, il potere intellettuale o “status”, che vede la cultura come luogo privilegiato dei “saperi” locali e globali, tipico, delle istituzioni “superiori”, come le “conoscenze specializzate”, la politica, l’arte, l’informazione, l’interpretazione storica degli eventi, ma anche l’influenza sui fenomeni di costume, e sugli orientamenti, delle diverse popolazioni, fino a livelli di misura planetaria.

La concezione di tipo istituzionale, infine, vede la cultura come strumento di formazione di base e di preparazione al lavoro nell’ordine di una società economica, meritocratica e delle competenze remunerabili.

Mi ha colpito, nel mio “vagare culturale”, una citazione di un papà:

Ho sognato di chiedere a mia figlia di disegnare la cultura e lei ha disegnato una giostra con tanti bambini. Io, che invece avrei disegnato un’immensa libreria, le ho chiesto perché, lei mi ha risposto “Babbo, sei tu che dici che la cultura è quella magia che ci fa stare tutti insieme!”

Forse l’innocenza infantile è in grado di vedere oltre, dove la mente di un adulto non riesce ad arrivare.

Anche questa è cultura!

“Liberamente tratto da varie fonti”

Frittata di verdure al forno

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Dopo le grandi abbuffate delle feste non serve fare il digiuno per perdere i kg accumulati, basta tornare al regime alimentare quotidiano e si riprende la forma precedente. Per chi è fissato con le diete non serve né saltare i pasti né fare grandi sacrifici, basta seguire una cucina salutare, per esempio evitare i fritti, anche perché vi assicuro che l’alternativa della frittata al forno è comunque ottima.

INGREDIENTI:

  • Verdure (melanzane, zucchine, peperoni)
  • Uova
  • Scamorza o altri formaggi a pasta morbida
  • Prosciutto
  • Latte
  • Formaggio grattugiato
  • Sale

PROCEDIMENTO

Saltare in padella con poco olio le verdure. Nell’ordine mettere prima le melanzane, tagliate a cubetti e messe sotto sale per eliminare l’acqua di vegetazione, che le conferisce il sapore amaro. Una volta cotta aggiungere le zucchine e per ultimo i peperoni, sempre tagliate a tocchetti. Per la quantità orientarsi con un vegetale ogni due persone.

Terminata la cottura versare il tutto in una pirofila o teglia da forno. Nel frattempo sbattere le uova, almeno 1 a persona, con un pizzico di sale, aggiungere un po’ di latte e del formaggio grattugiato. Sopra le verdure disporre, prima, dei tocchetti di formaggio e pezzetti di prosciutto, infine, versare sopra le uova sbattute come precedentemente preparate.

Infornare a 150° per circa un’ora, chiaramente la cottura è molto relativa e dipende dal tipo di forno che stiamo usando. È cotta quando l’uovo è rassodato ed è ben dorata.

In alternativa si può cuocere al microonde, attraverso il quale la cottura è più veloce, bastano 15′ alla media potenza.

 

 

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