Autore archivio: rosanotaro

Latte sì, latte no!

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Il latte è un alimento che non dovrebbe mai mancare nella nostra dieta anche se, come per tutte le cose, deve essere introdotto con moderazione. Salvo nei casi di intolleranza è un alimento molto importante. Se si pensa che un bimbo si nutre solo di esso per la crescita, nei suoi primi mesi di vita, se ne capisce la sua importanza. Purtroppo su di esso ci sono molti pareri discordanti. Addirittura a questo alimento si attribuiva la causa dell’insorgenza di alcuni tumori, anche se non c’è nessun fondamento scientifico. Eliminare latte e suoi derivati dalla dieta non è necessario purché se ne faccia un consumo moderato e principalmente non ci sia una intolleranza al lattosio. Per quanto riguarda le quantità se ne consigliano  2-3 porzioni di latte o yogurt al giorno, pari a 250-375 ml, che consistono a poco meno di 2 tazze.

Perché è così importante?

Il latte è un alimento completo, abbiamo detto che i neonati si nutrono, nei primi mesi di vita, solo di esso. Le sue proteine, la caseina (80%) e la lattalbumina (20%), rappresentano 1/3 del fabbisogno medio giornaliero di un individuo e in più sono presenti anche i carboidrati, sotto forma di lattosio, importanti per lo sviluppo del tessuto nervoso. Inoltre è molto ricco di calcio, ma anche di fosforo e di vitamine del gruppo B e D e di acidi grassi. Infine i fermenti lattici presenti oltre che nel latte, nei formaggi ma soprattutto nello yogurt, portano altrettanto beneficio al nostro organismo. Questi favoriscono processi vitali indispensabili per lo sviluppo fisiologico, riequilibrano la flora batterica intestinale, ostacolando lo sviluppo di molti batteri dannosi, prevengono le infezioni intestinali, ripristinano la flora batterica dopo l’assunzione di cure antibiotiche, migliorano la digestione e il funzionamento intestinale e rafforzano le difese immunitarie.

Ma quali sono i pro e i contro?

Abbiamo detto che il latte è molto ricco di nutrienti ma per la presenza dello zucchero (lattosio) e dei grassi se ne consiglia un consumo moderato perché, oltre ad incidere sull’indice glicemico, potrebbe influire, nei pazienti a rischio, sui livelli di colesterolo.

Nei bambini, seppur alimento necessario per la crescita, ci potrebbero essere problemi di intolleranza al lattosio che potrebbero apportare sintomi poco piacevoli come disturbi gastrointestinali, gonfiore e dolore addominale. Fenomeno che dovrebbe risolversi, una volta formatosi l’enzima deputato alla digestione dello stesso.

Inoltre sfatiamo un mito: anche se il latte è ricco di calcio, non ci sono delle prove evidenti che esso sia protettivo per chi ha problemi di osteoporosi. Per di più non è l’unica fonte, ma possiamo introdurlo anche attraverso tanti altri alimenti.

Inoltre non stiamo a demonizzarlo per gli effetti dannosi in quanto se analizziamo ciò che mangiamo tutti i giorni sicuramente ci saranno tante altre sostanze sicuramente molto più dannose.

Ma come dobbiamo orientarci tra i tanti tipi di latte che troviamo in commercio?

Innanzitutto dobbiamo vedere l’origine del latte, con la nuova normativa deve essere indicata la provenienza: è preferibile quello di origine italiana.

Troviamo diverse tipologie in base al trattamento termico, qui sicuramente la scelta è dettata dal gusto: chiaramente il LATTE FRESCO, sempre pastorizzato ma a breve scadenza, sarà sicuramente migliore oltre che per il sapore anche rispetto alle qualità nutrizionali, ma il prezzo sarà meno vantaggioso rispetto al LATTE pastorizzato a temperatura elevata, che oltre a subire un trattamento termico a metà strada tra quello fresco e quello UHT, si mantiene in frigo fino a quasi un mese. Poi abbiamo il LATTE UHT e/o quello microfiltrato, che mantengono più o meno intatto il sapore del latte fresco, ma hanno il vantaggio di durare più a lungo. Infine troviamo quello per gli intolleranti, ovvero ad alta digeribilità, cioè senza lattosio. Tra le tipologie che variano in base al contenuto di grasso possiamo trovare quello scremato (non superiore allo 0,5% contenuto di grassi), parzialmente scremato (tra 1,5 e 1,8%) o intero (non inferiore a 3,5%).

Insomma per concludere non facciamoci spaventare da ciò che circola sul web e consumiamolo in quantità moderate e sicuramente ne trarremo solo i benefici, come per tutte le cose!!!

Fonte varia

 

Agnello di pasta reale

 

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La pasta reale o pasta di mandorle  è un dolce fatto a base di mandorle tritate, attraverso le quali si ottiene un composto con cui si realizzano dolci tipici della cucina tradizionale siciliana, sarda e pugliese, in particolare salentina. In Sicilia la pasta reale o pasta di mandorle è molto utilizzata per realizzare dolci tradizionali, dai “dolci dei morti” come la frutta martorana, alle paste di mandorle, la cassata siciliana, o l’agnello pasquale.

La pasta di mandorla ha origine nel Medioevo presso il Monastero Benedettino fondato dai nobili Goffredo ed Eloisa di Martorana, accanto alla Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio a Palermo. Qui, le monache erano famose per la preparazione di dolci a base di pasta di mandorla, chiamata anche pasta reale in quanto si dice che la sua prelibatezza fosse degna di un re. Negli anni, essa venne arricchita utilizzando ingredienti che sbarcavano in Sicilia tramite le diverse dominazioni che si susseguirono, quella araba e normanna.

Una delle tante leggende legate a questa tradizione.

INGREDIENTI

  • 1 kg farina di mandorle
  • 700 g zucchero
  • 250 ml di acqua
  • pistacchi (se si fa con il ripieno)

PROCEDIMENTO

Far bollire in una casseruola l’acqua con lo zucchero. Quando lo zucchero si è sciolto completamente, togliere dal fuoco e versare la farina di mandorle mescolando di continuo. Appena l’impasto si stacca dalle pareti della pentola vuol dire che è pronto.

Mettere su una spianatoia per farlo raffreddare e disporre nelle formine.

Se si vuole fare con il ripieno al pistacchio usare la stessa procedura delle mandorle, avendo l’accortezza di non usare i pistacchi tostati, immergerli nell’acqua bollente e togliere la pelle, dopodiché far asciugare, a questo punto frullarli a farina e mescolare con lo zucchero.

Dopo che si è data la forma desiderata decorare a piacere.

 

Pastiera napoletana

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La pastiera napoletana è un dolce tipico delle festività pasquali fatto con una base di pasta frolla ed un ripieno di crema fatta con grano e ricotta, aromatizzata con aroma di fior d’arancio e cannella, alla quale si possono aggiungere anche i canditi. Comunque, come per tutte le ricette, ci sono le varianti, secondo i propri gusti, rispetto alla ricetta classica. Ad esempio c’è chi aggiunge la crema pasticcera al ripieno; c’è chi invece non gradisce il grano, che malgrado cotto rimane croccante, e si può optare a frullarlo oppure tritarne la metà e lasciare l’altra metà in chicchi. Questa è la mia versione senza canditi.

INGREDIENTI

PASTA FROLLA

  • 350 g di farina
  • 5 cucchiai di zucchero
  • 100 g di burro
  • 2 uova
  • una bustina di lievito per dolci
  • un pizzico di sale

RIPIENO

  • 1/2 kg di ricotta
  • 1/2 kg di grano
  • 300 g di zucchero
  • 4 uova
  • 300 ml di latte
  • un cucchiaio di burro
  • una bustina di vanillina
  • una fialetta d’aroma di fior d’arancio
  • cannella

PROCEDIMENTO

Preparare il ripieno facendo bollire il grano nel latte con l’aggiunta del burro. Se si usa quello precotto il procedimento risulta più veloce, basta estrarlo dal barattolo e lavarlo dall’acqua di conservazione, altrimenti quello crudo va cotto anticipatamente per almeno due ore e poi scolato. Una volta cotto il grano fare raffreddare e nel frattempo preparare la ricotta con lo zucchero, farla riposare in modo tale che si sciolga lo zucchero. Aggiungere poi il grano, ormai freddo, aromatizzare con la vanillina, un poco di cannella ed iniziare ad aggiungere le uova, uno per volta. Consiglio di regolarsi, in base anche alla grandezza delle uova, se conviene aumentare o diminuire la quantità, in base alla cremosità del ripieno. Infine mettere l’aroma fior d’arancio e mescolare bene. Far riposare per amalgamare gli aromi.

Preparare la pasta frolla mescolando tutti insieme gli ingredienti formando un panetto morbido.

Far riposare il panetto due ore in frigo.

Stendere con il mattarello una sfoglia di 1/2 cm e rivestire una teglia dai bordi alti, coprendo anche i bordi. Versare il ripieno e decorare con le strisce, come per le crostate.

Mettere in forno a 180° almeno per due ore. Chiaramente controllare e se appare troppo dorata alla superficie coprire con un foglio di carta di alluminio. I tempi di cottura dipendono molto dal tipo di forno che stiamo usando.

Lasciate raffreddare e spolverizzate con zucchero a velo.

Paste di mandorle

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Questi dolcetti sono tipici della pasticceria siciliana, sono molto facili da realizzare, basta individuare la consistenza dell’impasto. Sono molto buoni e si possono decorare in vari modi, in base ai propri gusti, con ciliegine candite, con mandorle, ma anche con pinoli o con un chicco di caffè. Si conservano per diversi giorni mantenendosi sempre morbidi e profumati. Di conseguenza si possono preparare in anticipo e in grande quantità.

INGREDIENTI

  • 1/2 kg di mandorle pelate
  • 350 g di zucchero a velo
  • 150 g di albume
  • 40 g di miele
  • fialetta di aroma di mandorla

PROCEDIMENTO

Frullare le mandorle insieme allo zucchero fino a farle diventare a farina. Lo zucchero serve per assorbire l’olio che viene fuori dalle mandorle. In alternativa si può usare direttamente la farina di mandorle.

Mescolare tutti insieme gli ingredienti alla farina ottenuta, amalgamando bene il tutto, aggiungendo l’albume poco alla volta, in base a quello che prende la farina. L’impasto non deve venire troppo morbido, altrimenti si afflosciano una volta nel forno. Quindi la quantità degli albumi è indicativa. Aggiungere qualche goccia di aroma di mandorla.

Mettete il composto così ottenuto all’interno di una tasca da pasticcere con bocchetta a stella non troppo piccola (per rendere più facile la fuoriuscita dell’impasto).

Disponete i pasticcini direttamente sulla teglia, rivestita da carta da forno. Formare tanti ciuffetti dove al centro, come decorazione, potete mettere una ciliegina, una mandorla, pinoli oppure un chicco di caffè.

Mettere in forno già caldo a 180° per 10 – 15 minuti, dipende molto dal forno che utilizzate. Bisogna stare molto attenti ai tempi di cottura in quanto i pasticcini raffreddando si induriscono. Quindi basta che siano dorati fuori, anche se sono ancora morbidi, dato che raffreddandosi si ottiene la giusta consistenza.

Si consiglia di metterne in forno solo una piccola quantità per calibrare così i tempi di cottura e la temperatura giusta.

Questi pasticcini hanno la caratteristica di mantenersi a lungo se vengono conservati in una scatola di latta.

 

 

Pin e Password

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Nell’era di Internet è diventato importante poter inviare messaggi che comunichino determinati fatti al destinatario senza rivelarne inavvertitamente altri, sia all’interessato sia a chiunque altro. Immaginiamo, per esempio, di voler pagare con la carta di credito. Trasmettere il solo numero di quest’ultima non è saggio. Perché questo messaggio essenziale sia efficace, il destinatario dovrebbe effettuare un trasferimento di denaro ogni qualvolta riceva il numero di una carta valida. Inoltre, qualcuno potrebbe intercettare il numero o persino creare un programma informatico illegale in grado di memorizzare i numeri delle carte di credito per fare acquisti sfruttando i conti altrui.

Usare un normale PIN non aumenta di molto la sicurezza, perché anch’esso deve essere trasmesso per mezzo della rete. I sistemi di sicurezza usano in genere un codice per confermare che il messaggio provenga da una fonte legittima; sono efficaci se il codice è sicuro ed oggi esistono molte idee per creare codici sicuri. Anzi, alcuni lo sono a tal punto che le forze dell’ordine vorrebbero bandirli perché possono consentire ai criminali di inviare messaggi che non verrebbero decifrati nemmeno se intercettati. Le associazioni che difendono le libertà civili vogliono, d’altronde, che la privacy degli individui sia tutelata dai ficcanaso del governo.

Un approccio alternativo al sistema in codice è quello che usa un “protocollo a conoscenza zero”: si tratta di un modo per convincere il destinatario che si è in possesso di un’informazione chiave, come un PIN, senza rivelare quale sia. Vi chiederete se tali protocolli esistano davvero: ebbene, negli ultimi anni i crittografi ne hanno inventati molti.

Solitamente l’accesso ad una risorsa avviene rivelando una chiave, che prende il nome di password, al custode della risorsa, che può essere una persona o un software, con l’annoso problema della gestione delle password. Invece con la crittografia a chiave pubblica, grazie al protocollo a conoscenza zero, all’accesso riusciamo a dimostrare la nostra identità senza rivelare la chiave privata e mediante tale identificazione sicura ci viene fornito l’accesso alla risorsa presente nel sistema.

Vediamo, adesso, con un semplice esempio come funziona il protocollo a conoscenza zero. Il “custode della risorsa” genera una frase che critta con la nostra chiave pubblica, e chiede al “Signor X” di rispedirgi la frase decrittata. Se la frase che il custode riceve, coincide con quella che ha trasmesso in precedenza, vuol dire allora che il Signor X è effettivamente la persona che ha effettuato l’accesso. Le prove di conoscenza zero sono probabilistiche poiché c’è sempre qualche possibilità che un imbroglione astuto trovi un modo per ingannare un verificatore onesto, ma il concetto fornisce un meccanismo di verifica piuttosto solido per un’asserzione mentre protegge tutte le informazioni ausiliarie correlate a questa affermazione.

Inoltre si utilizzano, oltre a PIN e password, anche dei codici di sicurezza, che ti vengono inviati tramite SMS, dopo aver effettuato l’accesso tramite le proprie credenziali, per essere certi che sia proprio tu e non qualcuno che si sia appropriato dei tuoi dati. Sono molti ad utilizzare questo metodo di accreditamento, specialmente se sono in essere transazioni bancarie, come quelle che si fanno tramite home banking, ma anche se si acquista su siti di vendite online, o per effettuare un pagamento sempre attraverso la rete. Ecco perché è molto importante conoscere l’affidabilità e la sicurezza adottata dal sito a cui stiamo accedendo, in particolar modo se si tratta di siti e-commerce.

Per essere certi che il sito su cui stiamo navigando sia sicuro e affidabile per prima cosa dobbiamo verificare che sia presente un bollino con la scritta “sigillo netcomm”, che di solito si trova in basso alla pagina web; bisogna accertarsi di effettuare pagamenti su pagine web protette, le quali sono riconoscibili in quanto l’indirizzo che compare nella barra degli indirizzi del browser comincia con “https://” e non “http://”. Inoltre, le pagine protette contengono un lucchetto visibile all’interno del browser (ad esempio nella parte in basso a destra o nella barra di navigazione). Cliccando due volte sul lucchetto, è possibile verificare l’esistenza di un “certificato” che garantisce l’autenticità del sito.

Quindi, prima di effettuare qualsiasi tipo di pagamento bisogna che vengano seguiti questi piccoli accorgimenti, per non avere brutte sorprese!