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L’origine del panettone è lombarda, anzi milanese. Sembra che esistesse già nel ‘200, come un primo pane arricchito di lievito, miele, uva secca e zucca. Nel ‘600 aveva la forma di una rozza focaccia, fatta di farina di grano e chicchi d’uva. Nell’800 il panettone era una specie di pane di farina di grano arricchito con uova, zucchero, uva passa (la presenza di quest’ultimo ingrediente aveva una funzione propiziatoria, quale presagio di ricchezza e denaro).

Ci sono varie leggende legate all’alchimia del panettone.

Una prima leggenda ambientata a fine ‘400, narra di Ughetto figlio del condottiero Giacometto degli Atellani, che si innamorò della bella e giovane Adalgisa. Per star vicino alla sua amata egli s’improvvisò pasticcere come il padre di lei, tal Toni. Ma date le umili condizioni della giovane, gli Atellani osteggiarono le nozze. Poiché gli affari del fornaio non andavano molto bene, Ughetto, per risollevare la situazione, si fece assumere come garzone dal fornaio e pensò di migliorare il pane aggiungendo burro e zucchero. Fu un successo. Non solo: durante una seconda preparazione aggiunse anche pezzetti di cedro canditi e uova, la nuova ricetta riscosse ancora più successo, tanto che tutto il borgo faceva la coda alla porta del fornaio per avere quel dolce. Erano i tempi di Ludovico il Moro, e la moglie duchessa Beatrice vista questa grande passione del giovane, aiutata dei padri Domenicani e da Leonardo da Vinci, si impegnò a convincere Giacometto degli Atellani a far sposare il figlio con la popolana. Fu così che i due giovani, come accade nelle favole, si sposarono e vissero felici e contenti. Il dolce frutto di tale amore divenne un successo senza precedenti, e la gente venne da ogni contrada per comprare e gustare il “Pan del Ton”.

Narra, una seconda leggenda, che per la vigilia di Natale, alla corte del Duca Ludovico, era stata predisposta la preparazione di un dolce particolare. Purtroppo durante la cottura questo pane a cupola contenente acini d’uva si bruciò, gettando il cuoco nella disperazione. Fra imprecazioni e urla, si levò la voce di uno sguattero, che si chiamava Toni, il quale consigliò di servire lo stesso il dolce, giustificandolo come una specialità con la crosta. Quando la ricetta inconsueta venne presentata agli invitati fu accolta da fragorosi applausi, e dopo l’assaggio un coro di lodi si levò da tutta la tavolata: era nato il “pan del Toni”.
Uno degli artefici del panettone moderno è stato Paolo Biffi, che curò un enorme dolce per Pio IX al quale lo spedì con una carrozza speciale nel 1847. Golosi del pant del ton sono stati molti personaggi storici: dal Manzoni al principe austriaco Metternich, quest’ultimo parlando delle “cinque giornate”  disse dei milanesi: “Sono buoni come i panettoni”.
Nascita, sviluppo della forma e della confezione attuale del panettone sono databili alla prima metà del ‘900, quando Angelo Motta propose il cupolone e il “pirottino” di carta da forno, quasi a celebrare la crescita e l’importanza del preparato.

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