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FITOCOSMESI IERI E OGGI

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L’uso delle piante officinali si può definire un’arte molto antica. Vengono chiamate “officinali” tutte quelle erbe impiegate nelle “officine” degli speziali, ovvero quegli esperti nelle tecniche di lavorazione, nelle procedure di preparazione e di conservazione di quelle piante che poi saranno utilizzate per realizzare rimedi medicamentosi, pomate, unguenti oltre che cosmetici naturali e pregiate essenze profumate. Con la fitoterapia ci prendiamo cura della nostra parte interiore mentre con la fitocosmesi, quella che tratteremo, sfruttiamo le proprietà della natura per la cura e la bellezza del nostro corpo.

La nascita del trucco ha origini antichissime e prende il via sin dal 4000 a.C. nell’antico Egitto. Nella società egiziana era molto sentita l’esigenza di mantenere uno standard ottimale di salute e bellezza, tant’è che venne considerata la patria del culto della bellezza. A quel tempo il trucco aveva per lo più una funzione religiosa e rituale. Infatti, si riteneva che la bellezza fosse gradita agli dei e per questo motivo potesse proteggere dal male. La cura e l’abbellimento del proprio corpo, sia per gli uomini che per le donne, veniva intesa come esaltazione della bellezza. La cosmesi era praticata da esperti conoscitori di materie prime che, venivano scelte, in modo appropriato alla funzione. Ad esempio, dopo il bagno si usavano preparati a base di oli vegetali mischiati a erbe aromatiche per ammorbidire la pelle, come olio di oliva, mandorle, sesamo, lavanda, incenso, mirra, timo e origano. Inoltre, venivano usati, anche, da sacerdoti e sacerdotesse per colorarsi e profumarsi il corpo in specifici rituali, oltre ad essere ingredienti fondamentali nel processo della mummificazione (le erbe fortemente aromatiche, insieme a oli cosmetici, resine, bacche di ginepro e cera di api, che si rassodavano in una massa nero-brunastra quasi vitrea a forte componente liquida, erano in grado di conservare il corpo, oltre che profumarlo). Questi preparati già all’epoca erano molto costosi, pertanto il trucco era segno visibile di una condizione economico-sociale privilegiata.

Anche nella Grecia Classica ci tenevano molto alla bellezza e ai canoni estetici, tanto che esistevano delle multe per le donne che osavano presentarsi in pubblico con un aspetto trascurato. I prodotti per la cura del corpo, anche a quel tempo, giocavano un ruolo fondamentale. L’olio di mastice insieme alle erbe aromatiche si usava, ad esempio, per evitare l’alitosi. I capelli venivano colorati con una soluzione composta da zafferano e acqua di potassio e frizionati con unguenti a base di vegetali per rinforzarli e proteggerli dal sole. Oli essenziali di rosa, gelsomino e nardo erano usati quotidianamente da uomini e donne per ungere corpo e capelli dopo il bagno. Il trucco era semplice e raffinato: incarnato luminoso, labbra in evidenza grazie all’estratto di oricello e ciglia scure. Una speciale attenzione era riservata ai profumi, che venivano opportunamente scelti a seconda della parte del corpo a cui erano destinati: la menta e l’olio di palma erano rispettivamente applicati su braccia e gambe, il timo alle ginocchia e al collo, la maggiorana alle sopracciglia. Molti dei prodotti usati per la cosmesi nel mondo greco erano importati dall’Egitto, considerato ancora sul finire del I millennio a.C. la vera patria del culto della bellezza.

In seguito alla conquista della Grecia, anche le donne aristocratiche dell’antica Roma, acquisirono la pratica di occupare la maggior parte della loro giornata alla cura del corpo. Il massimo tratto di bellezza per una donna romana era poter sfoggiare una pelle luminosa, rosea e priva di imperfezioni. Non a caso, i Romani si possono a tutti gli effetti considerare i veri inventori delle maschere per il viso, da applicare al mattino o prima di andare a dormire. Esistevano maschere diverse a seconda dell’uso: contro le rughe si applicavano impacchi di riso e farina di fave o il latte d’asina; contro le macchie esistevano maschere a base di finocchio, mirra, incenso, petali di rosa, succo d’orzo. Per sbiancare la pelle si usavano anche cera d’api, acqua di rose, olio di mandorle, zafferano, cetriolo, aneto, funghi, papavero, radice di giglio e uovo, fanghi di creta e farina di fave per l’esfoliazione della pelle.

ALCUNE RICETTE

Crema emolliente e dopobagno

– la crema più semplice era ungere la pelle con olio di labdano (resina che trasudava dalla pianta del cisto), o di dattero, di mandorle, sesamo, ricino, oliva, palma, grano.

– massaggiarsi il corpo con olio di cedro del Libano, che rende la pelle elastica, olio di oliva, lavanda, rosmarino.

– olio di sesamo, olio di mandorle, olio d’oliva, olio di palma.

– cera d’api, olio d’oliva, miele e talco profumato alla lavanda.

– olio di oliva, cera vergine, olio di mandorle e profumo di lavanda.

– olio d’olivo o di sesamo e mirra.

Per togliere il trucco

– latte d’asina, menta e miele.

– olio di ricino, timo e menta.

– olio d’oliva, acqua di malva e di melissa.

Bagno

– rosmarino cotto in acqua, il tutto allungato con acqua fredda.

– timo, mirra, origano, lavanda, cannella cotti in acqua.

– latte di capra, piante di palude, lavanda, menta, rosmarino, semi di finocchio macinati e bicarbonato.

– latte d’asina, petali di rose, cannella e sale.

– latte d’asina con rose, gigli, mirto, alloro, rosmarino e basilico.

Sbiancare la pelle

– bulbi di narciso macerati in acqua e limone.

– polvere di alabastro, olio di oliva e bicarbonato.

– gocce di limone, mirra, polvere di alabastro, olio di mandorle.

Antirughe

– cera d’api, incenso, olio di oliva e latte fresco.

– chiara d’uovo, fogli di menta e miele.

– zucca gialla lessata nel latte, foglie di finocchio selvatico, chiara d’uovo

– olio di mandorle, olio d’oliva, grani d’incenso e bacche di ginepro.

Astringente

– papaveri macerati in acqua gelida come astringente sulla pelle..

Per i capelli

– tuorlo d’uovo, aceto e fiori di iris.

– miele, olio d’oliva, vaniglia, cannella, aceto.

Alito cattivo

– masticare rametti di mirto.

– bicarbonato di sodio e foglie di alloro.

– menta e bicarbonato.

– pasticche di mirto, lentisco, finocchio, liquirizia.

– foglie di malobathrum (pianta simile alla cannella) ed anice.

– mirra, menta e cannella.

Depilazione

– olio d’oliva, pece e soda.

– pece greca sciolta in olio con resine e soda.

– noci bollenti sulla pelle (lo usava in particolare Cesare)

CURIOSITÀ: erano famosi i bagni nel latte d’asina di Poppea, utili per rassodare e ammorbidire la pelle.

Nel Medioevo invece troviamo un periodo buio, ci si truccava solo in occasioni speciali. Questo era dovuto al fatto che la Chiesa condannava queste pratiche e le considerava futili, o addirittura pericolose per l’integrità spirituale. Le donne dovevano avere un aspetto naturale con una pelle bianchissima a dare il senso di purezza e candore. L’unica cosa che si concedevano era un velo di rosso sulle gote e sulle labbra, usando polveri di minio (minerale di colore rosso) e zafferano. Per mantenere i denti bianchissimi facevano uso della salvia. I rapporti con le popolazioni germaniche diffusero la moda dei capelli dorati e per schiarirli usavano una mistura di tuorlo d’uovo, zafferano, fiori di ginestra e corteccia di sambuco. Inoltre per aver una pelle diafana, considerata all’epoca simbolo di nobiltà, venivano utilizzate paste simili ai nostri fondotinta, composti da ossidi di mercurio o argento misti a grassi vegetali o animali, oppure la ‘cerussa’ (o biacca di piombo).

Con l’avvento del Rinascimento, non ci fu solo la rinascita delle arti, ma ritornò anche il gusto per il classico e per la bellezza, intesa come perfezione ed armonia, tramite la ricerca di un incarnato perfetto e dell’esaltazione delle forme. Anche qui troviamo altre ricette a base di erbe realizzate allo scopo di esaltare la bellezza:

– per schiarire i capelli, venivano lavati con acqua di cinapro, zolfo e zafferano bollito;

– per ammorbidire la pelle del viso ruvida e arrossata, si faceva una miscela con biacca di piombo e olio di viola.

CURIOSITÀ: a quell’epoca la sporcizia era dilagante sia tra le classi più povere che in quelle più elevate. Si temeva di prendere il colera dall’acqua contaminata per cui veniva sostituita con l’uso/abuso di profumi a base di violetta, lavanda e fiori d’arancio.

Nell’epoca Vittoriana, tra il 1700 e il 1800, vigeva sempre la moda di un volto diafano, un look pallidissimo dalla pelle di porcellana. Forse per evitare di far uso della biacca come belletto bianco, perché ritenuto tossico, venne introdotto un accessorio molto utilizzato dalle dame, un oggettino lezioso e impreziosito da ricami, l’ombrellino parasole, come anche la veletta. Inoltre l’uso eccessivo di trucchi non era visto di buon occhio dalle classi più elevate, era appannaggio esclusivo di attrici e prostitute. Insomma, la perfetta dama vittoriana era naturalmente pallida, dimessa, delicata, e utilizzava il trucco senza esagerare.

Nei primi decenni del ‘900 cominciarono a nascere le prime case cosmetiche e cambiarono completamente i canoni estetici. Non più donne dimesse e dal colorito pallido.

Si comincia a fare uso di fondotinta, ciprie, rossetti, ombretti, tutti prodotti prevalentemente per sintesi di sostanze chimiche. Vengono messi da parte i prodotti naturali che vennero sostituiti da quelli derivati dal petrolio perché più economici, quindi più commerciabili.

Per avere prodotti di formulazione Bio, con sostanze naturali e vegetali bisogna aspettare gli anni ’60, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui è addirittura possibile personalizzare le creme in base alla propria pelle. In pratica prodotti a impatto zero per l’ambiente ma soprattutto che non facciano male alla pelle.

Tra le sostanze più utilizzate nella fitocosmesi di oggi, troviamo:

– germe di grano, olio di ciliegio, olio di soia, olio d’oliva, olio di mandorle, acque distillate aromatiche (acqua di rose, di fiori d’arancio), unguenti a base di burro (unguento per il corpo a base di cacao e carota, burro di karitè per massaggi al viso) e cere vegetali (cera carnauba, cera jojoba), ribes nero, etc…

IL RITO DI SAN GIOVANNI

La notte di San Giovanni, secondo un’antica leggenda, era considerata in grado di portare fortuna e prosperità. Tra i riti propiziatori e purificatori di questa notte considerata “magica” un ruolo di primo piano era svolto dalla celebre acqua di San Giovanni, la cui preparazione iniziava al momento del tramonto del 23 giugno. Per tradizione, le erbe e i fiori dovevano essere raccolti da mani di donna, possibilmente a digiuno e in numero dispari. Solitamente si raccoglievano un numero di 7 qualità diverse di fiori ed erbe aromatiche, come ad esempio artemisia, lavanda, malva, rosmarino, fiori di iperico, menta e salvia, come pure camomilla, papaveri, fiordalisi e, a volte anche rose, ovviamente scelti in base alle fioriture del territorio. L’iperico, invece, non poteva mancare, una pianta a base di un olio essenziale e derivati fenolici, tra cui un pigmento di colorazione rossa chiamato ipericina. Da esso deriva il nome di erba di San Giovanni, in quanto il colore rosso ricorda il sangue versato dal santo quando fu fatto decapitare da Salomé. L’iperico, quindi, è indispensabile nella preparazione dell’acqua di San Giovanni poiché si pensa abbia la capacità di scacciare gli spiriti malvagi.

LA PREPARAZIONE: i rametti e i fiori raccolti venivano immersi in un recipiente con dell’acqua, da porre all’esterno dell’abitazione per tutta la notte in modo da poter assorbire la rugiada del mattino, che, secondo la tradizione, riusciva a dare all’acqua poteri purificatori e curativi proteggendo da malattie, sfortuna ed invidia. La mattina dopo, il giorno di San Giovanni, l’acqua veniva utilizzata per lavare viso e mani, oppure per fare il bagnetto ai neonati o per rigenerare la pelle. Inoltre se fosse avanzata dell’acqua questa non si conservava ma doveva essere regalata.

Questo rituale ha origini molto antiche e si usava prepararla in diverse regioni italiane da nord a sud.

Nel video è possibile visualizzare le piante e le erbe aromatiche più utilizzate:

OMAGGIO A ROCCO SCOTELLARO

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LA MIA BELLA PATRIA

Io sono un filo d’erba 

un filo d’erba che trema.

E la mia patria è dove l’erba trema.

Un alito può trapiantare il mio seme lontano.

Da questi versi traspare tutta la semplicità e l’umiltà dell’autore, l’amore per la sua patria, chi non è legato alla propria terra? Ma lui lo fece senza preclusioni, perché basta un soffio di vento per portare lontano i propri semi e farli germogliare altrove.

Un uomo con tanta voglia di fare, di dare al suo paese. Provo a immaginarlo come portavoce di quell’erba che trema, lui che si è battuto per migliorare le condizioni economiche-sociali della sua terra. Chi più di lui, che proveniva da una famiglia modesta, poteva comprendere al meglio la situazione sociale che vivevano all’epoca. Nella sua breve vita si è battuto contro le ingiustizie ed è stato sempre dalla parte dei più deboli.

In occasione della sua nascita, il 19 aprile scorso, giornata in cui hanno avuto inizio le manifestazioni per il suo centenario, circolava un video sui social. Mi hanno colpito le parole tratte da un racconto della sua mamma: “Appena nato era come se lo avessero avvolto in un velo, glielo tolsero, lo misero ad asciugare e il padre se lo mise nel portafoglio, perché dicono che chi nasce velato è fortunato.”

Beh! Non penso che abbia avuto tanta fortuna, morì giovanissimo, a soli 30 anni, in più, diventato sindaco all’età di 23 anni, ha subito l’accusa di peculato. Allora la pena era la reclusione e si fece 45 giorni di carcere, anche se poi la sua accusa fu riconosciuta infondata. Qualcuno disse che fu proprio il dolore per questa ingiustizia a spezzargli il cuore, facendolo morire di infarto.

Insomma non fu solo un politico, fece attività sindacale, ma fu anche uno scrittore. Ci ha lasciato tante poesie e racconti, anche se incompleti. La sua musa ispiratrice, Isabella Santangelo, morta qualche settimana fa, all’età di 98 anni, ha mantenuto fede alla sua promessa fatta quando lui lasciò la sua Tricarico per recarsi a Portici. Le disse: “Se non torno vestiti di nero e aspettami” , da allora lei lo aspettò, infatti non si sposerà mai.

Adesso io aspetto con molto interesse gli interventi dei nostri relatori per conoscerlo meglio con l’auspicio che il suo seme giunga a noi e possa germogliare in qualcosa di buono.

Concludo prendendo in prestito le parole di una cara amica “Senza il ricordo, senza la memoria noi saremmo nulla”

<< Il mio intervento al convegno in suo ricordo per il centenario – 20 maggio 2023 >>

A TUTTE LE MAMME


20230513_105058 “La mano che fa dondolare la culla

è la mano che regge il mondo.”

~ William Ross Wallace ~

CARE MAMME,

in questa giornata non c’è niente di meglio che dedicare due parole al posto dei fiori, le prime possono arrivare al cuore e restarci, i secondi appassiscono e poi…più nulla. Spero che queste parole arrivino soprattutto alle mamme del terzo millennio, coloro che hanno i figli in fase di crescita, in quella fase che si possono forgiare, plasmare uomini/donne affinchè siano fautori di un mondo migliore. Cercherò di essere breve, essenziale, come si dovrebbe essere con i giovani di oggi. Non servono sermoni, non servono prediche, servono valori.

Quei valori che i nostri genitori ci hanno instillato anche con il loro esempio, che ci hanno reso quello che siamo. Ci hanno insegnato che non si può ottenere sempre tutto, che salutare un adulto, un anziano per strada è una forma di rispetto, che aiutare e non deridere il diverso può farci sentire persone migliori. Non stancatevi mai, proprio come loro…date con amore…anche se sarete contestate, perché le vostre parole torneranno, al momento giusto. Quante volte lo abbiamo fatto noi, da ragazze, eppure quando ci vengono in mente quelle parole non possiamo negare di aver pensato più volte “quanto avevano ragione”….

Io ricordo sempre le parole del mio papà…”prima l’utile e poi il diletto”…perché la vita non si basa solo sul divertimento, per carità ci vuole pure, ma deve essere secondario alle cose primarie della vita. Se viviamo continuamente e costantemente nel divertimento, cosa costruiremo? Una vita spettacolare o una vita degna di una persona di valore? Ricordate poi che è soprattutto con l’esempio che si è più incisivi, perché per loro sarete sempre lo specchio dove si rivolgeranno, di conseguenza rifletteranno ciò che siete.

Non pensate che tutto sia inutile, tanto poi i ragazzi fanno come gli pare. Non sarà così, perché quando si è giovani si assorbe tutto come una spugna e dovete vedere come sarà bello rivedere voi nelle loro azioni. Se ciò accadrà significa che avete fatto un ottimo lavoro….

25 APRILE

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#FestaDellaLiberazione

#25AprileSempre #Libertà

La guerra è finita…

Cӏ un silenzio che parla.

Si respira aria di pace,

finalmente si possono

guardare le stelle con serenità.

Gioia e felicità ci coglie,

non servono parole.

Che i cannoni sparino

vita per le strade, ci si abbraccia,

son tutti pazzi, si ascoltano

parole da tempo dimenticate.

Finalmente è pace in tutto il mondo.

Non si sentirà più tremare il cielo,

non si palpiterà più

al primo rumore che ci coglie.

Non ci sarà più l’ansia

ad aprire missive

con notizie agghiaccianti.

Niente più attese estenuanti,

vivendo nel ricordo di un passato

che possa diventare futuro.

Che tutto ciò non si ripeta,

che diventi un brutto sogno,

da dimenticare,

quell’incubo che ha tenuto tutti svegli,

da cancellare.

Che possa regnare nel mondo

la pace e la possibilità

di gridare all’unisono LIBERTÀ…

A.M.A.

Centenario Rocco Scotellaro


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Nel collage il dipinto raffigurante Rocco Scotellaro fatto da Carlo Levi e due poesie tratte da una sua raccolta..

Rocco Scotellaro (Tricarico, 19 aprile 1923 – Portici, 15 dicembre 1953) è stato scrittore, poeta, politico, contadino. Oggi nel centenario della sua nascita, riprendiamo in mano le sue opere e ripensiamo a lui, che è stato impegnato sul fronte della lotta sociale, che si è battuto per i diritti del popolo meridionale.

Ricordiamo questo grande personaggio del Novecento italiano con una sua poesia, la più nota, la “Marsigliese contadina” secondo la definizione di Carlo Levi…

 

SEMPRE NUOVA È L’ALBA.

(Sono due terzine, una quartina e una pentastica scolpita sulla tomba di Rocco)

Non gridatemi più dentro

non soffiatemi in cuore

i vostri fiati caldi contadini.

 

Beviamoci insieme una tazza colma di vino

che all’ilare tempo della sera

s’acquieti il nostro vento disperato.

 

Spuntano ai pali ancora

le teste dei briganti, e la caverna –

l’oasi verde della triste speranza –

lindo conserva un guanciale di pietra…

Ma nei sentieri non si torna indietro.

 

Altre ali fuggiranno

dalle paglie della cova,

perché lungo il perire dei tempi

l’alba è nuova, è nuova.

 

Attraverso il link sottostante potete ascoltare alcune delle sue poesie ⤵️⤵️⤵️

https://www.facebook.com/iPoetiEstinti/videos/229094458478461/

 

 

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Elogio dell’imperfezione